Le lunghe cotture e il segreto della carne tenera

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Ciao da Luca,

sono un chimico con una passione oggi molto comune: il cibo.

Oltre alla mia bella pancia e ai trigliceridi alti, questa passione mi ha dato la possibilità di trovare un’applicazione pratica dei miei studi che andasse oltre il mio lavoro di ricercatore in laboratorio.

Così, nel 2014, ho deciso di investire il mio tempo libero e le mie risorse economiche per creare Meatin’ Cuoco e Carbone.

Superate le difficoltà iniziali, non poche a dire il vero, ho finalmente iniziato a studiare da un punto di vista scientifico ciò che chef Paolo realizzava ai fornelli e alle braci.

Se ti interessa conoscere le mie ricerche e i miei post, lasciami la tua email qui:

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Il mio primo passo è stato quello più semplice: studiare le reazioni chimiche che avvengono quando cuociamo una bistecca.

La famosa reazione di Maillard, per intenderci.

Quella reazione, o meglio quell’insieme di reazioni chimiche che facciamo avvenire allo scopo di ottenere la classica crosticina che tutti noi amiamo.

Capito questo, mi sono chiesto come mai, se metti una costata su una griglia, ne tiri fuori una bistecca profumata, succosa e tenera, mentre se metti su un reale o una fesa, il risultato sarà un pezzo di carne duro e secco.

In che cosa una lombata è diversa da uno scamone? D’altro canto, perché lo scamone lo mangio crudo, mentre la bistecca cruda non è il massimo?

Oppure, perché un brasato al Taurasi fatto con la guancia di manzo regala un gusto e una tenerezza senza eguali, mentre se lo faccio col filetto viene secco e insapore?

Per poter comprendere la scienza delle cotture, allora, mi sono messo a studiare prima di tutto le differenze generali tra le composizioni chimiche dei diversi tagli di carne.

Per spiegarti queste differenze, devo necessariamente darti delle definizioni tecniche, e so che potrei risultare noioso.

Ma, se mi segui, riuscirai a capire nel dettaglio i motivi per i quali le cotture lunghe sono l’unico modo possibile per esaltare la tenerezza della carne oltre i suoi limiti.

A causa di una serie di reazioni chimiche che proverò a spiegarti, le cotture lunghe consentono di ottenere un risultato irraggiungibile con qualsiasi altro metodo di cottura.

Che cos’è la carne?

Iniziamo dal semplice: tutti sanno che un qualsiasi taglio di carne è costituito da 3 elementi principali: acqua, grassi, proteine. Il resto è costituito da piccole quantità di minerali, carboidrati e vitamine.

L’acqua è il componente principale della carne, fino al 75-80%. E’ anche il mezzo attraverso il quale avvengono gran parte delle reazioni chimiche in cottura. La maggior parte dell’acqua risiede nello spazio tra le fibre muscolari (che sono fatte di proteine). Quando si cuoce la carne, quest’acqua viene liberata, e se la si cuoce troppo o la si cuoce male la carne diverrà asciutta, in particolar modo quando abbiamo a che fare con cotture brevi come la piastra o la griglia.

I grassi: non entro nel merito di tutte le caratteristiche dei grassi presenti nella carne, non è questo lo scopo di questo post. Mi limito a dire che:

  • Sono fondamentali per il gusto: riescono a sciogliere molte molecole responsabili del “gusto della carne”, molecole che poi durante la masticazione si depositano sulle nostre papille. Per cui una certa quantità di grassi deve essere presente nella carne, al fine di esaltarne i sapori.
  • I grassi, anche i grassi saturi, devono far parte della nostra dieta poiché necessari al nostro organismo. D’altro canto, una presenza eccessiva di grassi è sconsigliabile dal punto di vista nutrizionale, poiché porta ad un aumento del rischio cardiovascolare.

Proteine: sebbene tendiamo ad associare la parola “carne” alla parola “proteine”, esse costituiscono non più del 18-20% della carne.  Non mi addentrerò nello specificare le importanti funzioni che le proteine rivestono nel nostro metabolismo, è importante però capire che tipo di trasformazioni avvengono nelle proteine della carne durante la cottura.

Per dirla in maniera non troppo tecnica, ogni proteina ha una propria struttura non solo chimica, ma anche fisica, ovvero è “arrotolata” in uno specifico modo. Quando cuociamo la carne, ovvero aumentiamo la temperatura, dapprima le proteine si “srotolano”, o, per usare il termine scientifico, denaturano.

Una volta denaturate, le proteine possono poi muoversi e coagulare tra loro, oppure con il tempo rompersi e sciogliersi. Le dinamiche con cui questi fenomeni avvengono contribuiscono in modo determinante al gusto ed alla consistenza finale della carne dopo la cottura, in particolar modo dopo una lunga cottura.

Qual è il segreto della tenerezza data dalle lunghe cotture?

Esiste una proteina in particolare che è molto abbondante nei muscoli e che è cruciale quando si parla di cotture lunghe: il collagene.

Presente nella carne sotto forma di una sorta di corda che tiene uniti i fasci muscolari, il collagene è il componente principale di quello che in genere è chiamato tessuto connettivo, nemico giurato delle cotture alla griglia.

Queste “corde” di collagene possono sciogliersi solo a temperature superiori ai 65-70°C circa, e solo in un tempo sufficientemente lungo, in genere superiore alle 4 ore.

Viceversa, se non si verificano queste due condizioni, il collagene è immangiabile.

Questo è uno dei motivi per i quali quando compri la carne “per il brodo” o “per lo spezzatino”, se provi ad arrostirla fai un bel guaio: il collagene che tiene insieme i fasci muscolari di questi tagli non solo non si scioglie durante i pochi minuti della cottura alla griglia, ma addirittura si contrae, indurendosi.

Come in una spugna, la contrazione del collagene, associata al forte calore della cottura alla griglia, farà sì che l’acqua trattenuta tra i fasci muscolari fuoriesca velocemente, asciugando la carne di tutti i suoi succhi. Il risultato finale sarà un pezzo di carne senza valore: secco e duro.

Quando invece cuciniamo un taglio ricco di tessuto connettivo per un tempo sufficientemente lungo, ad una temperatura superiore ai 65-70°C, il collagene si scioglie, provocando una serie di effetti positivi per la tenerezza della carne:

  • La “corda” di collagene, sciogliendosi, non riesce più a tenere stretti tra loro i fasci muscolari, che quindi si separano tra loro facilmente, e la carne “si taglia con un grissino”.
  • Nello sciogliersi, questa corda si divide in pezzi più piccoli, che saranno ora liberi di scorrere tra i fasci muscolari, favorendo il reciproco scorrimento di tali fasci muscolari: in altre parole, il collagene sciolto produrrà un effetto lubrificante, che il palato percepirà come tenerezza.
  • I pezzetti della “corda” hanno una capacità emulsionante: aiutano cioè a mantenere miscelati acqua e grassi impedendone la separazione, garantendo perciò un “sughetto” cremoso e saporito.

Per questi tre motivi, se vogliamo ottenere un brasato o uno spezzatino tenero, succoso e saporito, abbiamo bisogno di un taglio ricco di tessuto connettivo (ricco cioè di collagene).

Usando invece un taglio povero di tessuto connettivo, come il filetto o lo scamone, la bassa quantità di collagene non sarà sufficiente ad ottenere né l’effetto di scorrimento tra i fasci muscolari, né il sughetto cremoso, e il risultato finale sarà nettamente inferiore.

Apro una parentesi: anche quando cuoci alla griglia una bistecca molto marezzata, ovvero con tanto grasso tra le fibre muscolari, questa bistecca risulterà particolarmente tenera. Ma in questo caso l’effetto è dato non dal collagene che si è sciolto, bensì dai grassi. Una bistecca molto marezzata, infatti, contiene un quantitativo di grassi decisamente più elevato rispetto ad una bistecca meno marezzata. Più grassi, meno proteine. Questo è il prezzo da pagare (non solo economico, ma anche nutrizionale) per ottenere l’effetto “si scioglie in bocca” con una cottura breve: sacrificare una parte nobile – le proteine – a vantaggio di un eccesso di grassi.

Il sapore intenso

Durante le cotture lunghe avviene un’altra reazione chimica fondamentale: alcune proteine, con il procedere della cottura, degradano, liberando i singoli amminoacidi che le compongono. L’importanza di questo fenomeno sta nel fatto che, se da un lato le proteine intere sono pressoché insapori, non lo sono affatto gli amminoacidi che le compongono. Una cottura sufficientemente lunga libererà una quantità rilevante di amminoacidi, che contribuiranno in maniera marcata al sapore finale.

Mai sentito parlare del famoso / famigerato glutammato? Viene aggiunto in tantissimi cibi, ad esempio nel dado da brodo, come “esaltatore di sapidità”. Ebbene, il glutammato non è nient’altro che uno dei composti che si liberano dalla degradazione delle proteine della carne.

Se portiamo avanti la cottura troppo velocemente, anche il sapore non sarà ottimale, poiché in un tempo troppo breve non tutte le proteine si degraderanno, limitando la presenza degli amminoacidi “saporiti”.

Il vero segreto della tenerezza: la gelatina

C’è un altro effetto che deriva dallo scioglimento del collagene, e che è probabilmente quello che contribuisce in maniera più importante alla tenerezza della carne dopo una lunga cottura.

I “pezzetti” di collagene che si creano dallo scioglimento della “corda”, oltre ad avere capacità emulsionanti, hanno un’altra proprietà importantissima: gelificano.

Per notare quest’effetto basta lasciare uno spezzatino, un brasato o anche un semplice brodo di carne, a raffreddare.

Dopo qualche ora, quando il tutto sarà arrivato a temperatura ambiente, noteremo che il sugo si è solidificato: sono i residui delle catene di collagene che hanno intrappolato l’acqua ed hanno formato una gelatina.

Questo effetto si manifesta anche a livello microscopico: i residui delle catene di collagene presenti tra i fasci muscolari della carne possono gelificare, creando una gelatina che impregna, appunto, questi fasci muscolari.

Che cosa significa questo per il nostro palato?

Vuol dire che quando mastichiamo la carne, questa gelatina presente a livello microscopico tra i fasci muscolari costituisce un vero e proprio lubrificante naturale che rende la masticazione più morbida, più tenera, più soffice.

Tra l’altro questa gelatina alimentare fonde intorno ai 35°C, cioè appena al di sotto della nostra temperatura corporea, ed è per questo che, letteralmente, si scioglie in bocca.

Questa è una caratteristica unica, posseduta solo dai tagli di carne caratterizzati da una sufficiente presenza di tessuto connettivo.

Se usiamo un taglio povero di tessuto connettivo, come il filetto o lo scamone, questo effetto lubrificante non si manifesta in maniera significativa, ed il risultato sarà scadente.

Tra l’altro un filetto è ben più caro di una guancia o di un reale, per cui non solo otterremmo un risultato scadente, ma avremmo anche sprecato denaro.

Quindi, quando ti capita di assaggiare un brasato, uno spezzatino, un bollito, informati sempre sul taglio di carne che è stato utilizzato, e se è un taglio magro evitalo, non sarà granché.

Soprattutto, non credere al luogo comune secondo il quale i secondi tagli o i terzi tagli siano meno pregiati.

Devono essere semplicemente cucinati in modo diverso: più impegnativo, più accurato, più paziente.

Ma il risultato è una tenerezza e un sapore fuori dal comune, te lo garantisco.

Anzi, poiché sono sicuro di ogni singola parola che ho scritto in questo post, ti faccio una proposta:

Te la faccio assaggiare.

Gratis, ovviamente.

Basta che mi lasci la tua email qui:

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Se mi lasci la tua email ti regalo 150 g di Spezzato Irpino cucinato per 4 ore alla temperatura controllata di 67°C.

Te lo faccio assaggiare gratis perché voglio che tu mi creda.

Il collagene che si ammorbidisce, le fibre muscolari che si separano, il “sughetto” che si arricchisce di sapore, la gelatina che si scioglie in bocca e soprattutto una tenerezza senza eguali sono la dimostrazione che ciò di cui ti ho parlato è autentico e reale.

Lasciami la tua email e vieni ad assaggiare la carne cucinata, non cotta.

Sarai tu a dirmi se tutto ciò che hai letto in questo post è vero oppure no.

Ci vediamo da Meatin’.

Ti aspetto

Luca

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Meatin’ Cuoco e Carbone

Via Timavo, 27 – Napoli